IL
BOOM ECONOMICO DEGLI STATI UNITI E LA CRISI DEL '29
Dagli anni
"ruggenti" alla grande crisi, gli Usa avevano avuto un ruolo da protagonista
nei trattati di pace; ma i disegni planetari di Wilson non erano piaciuti all'opinione
pubblica la quale nelle elezioni del 1920 decise di sostituirlo dando fiducia
al democratico Harding che voleva attuare una politica isolazionista secondo
cui gli Usa avrebbero dovuto usufruire delle risorse economiche del paese incrementandole.
Dopo Harding salirono Coolidge e Hoover i quali però si sono mostrati di scarso
rilievo. Questo periodo è ricordato anche per la proiezione della produzione
e vendita delle bevande alcoliche: il cosiddetto proibizionismo. Quest'ultimo
però favorì le organizzazioni criminali e la nascita di grandi figure come quella
di Al Capone.
Contemporaneamente si ha l'esplosione dei consumi individuali e all'interno
di ogni abitazione americana era possibile trovare l'aspirapolvere e una radio.
Questo aumento dei consumi coincise con l'aumento dei salari dovuto ad un aumento
di produttività e dei profitti. Vennero favorite le grandi concentrazioni industriali
come la Goodyear e la General Motors a discapito delle piccole società. Sempre
in questi anni nascono forti contrasti dovuti prevalentemente a questa politica
isolazionista che non voleva l'ingresso di immigrati all'interno. I contrasti
più forti si ebbero tra bianchi e neri o cattolici e protestanti. Si ebbe anche
un deciso affermarsi di associazioni che difendevano i valori tradizionali americani.
Per favorire l'acquisto dei beni anche alle classi operaie, vi furono una serie
di crediti che le banche furono disposte a concedere. La piccola borghesia abbagliata
da futuri guadagni decise di investire in borsa.
IL CROLLO
Nel momento in cui si nutrivano maggiori sicurezze, i prodotti cominciarono
a non essere più assorbiti dal mercato. La crisi di sovrapproduzione che si
ebbe fu la causa del crollo della borsa di New York durante il giovedì nero
di Wall Street in cui tutti i titoli azionari ebbero un evidente flessione.
Il Primo tentativo di porre fine a questa crisi, fu quello di immettere nel
mercato europeo i prodotti in eccedenza ma il problema non si risolse. La crisi
che era partita dai mercati americani, a poco a poco arriva pure in Europa a
causa dei grossi debiti che Francia ed Inghilterra avevano contratto con gli
Usa durante la guerra. La Germania che con i piani Dawes e Young si era lentamente
ripresa, subì un ulteriore crisi. Torna all'indice Il "New Deal" Il crollo di
Wall Street rappresentò per l'America non solo l'inizio di una crisi economica
ma anche ideale e morale. Fin dall'inizio della sua storia l'America aveva percorso
un cammino ascendente verso la prosperità. Con la crisi, crollava il sogno americano
e l'America non veniva più vista come il paese delle grandi opportunità. Chi
nonostante la crisi si mostrò ottimista, fu democratico Roosevelt il quale aveva
vinto le elezioni presidenziali del 1932. Per lui superare la crisi non era
impossibile, le risorse umane e materiali non mancavano certo all'America, bisognava
solo recuperare lo spirito americano originario. Appena eletto Roosevelt annunciò
l'inizio del "New Deal", un nuovo accordo che sarebbe servito a riportare il
Paese nelle grandi sfere. Bisognava vincere gli egoismi e valorizzare la solidarietà.
Per far sì che questo messaggio fosse percepito da tutti, periodicamente nelle
"conversazioni di caminetto" tramite la radio lo ribadiva. In economia si basò
molto sulle tesi di Keynes. Keynes era sempre stato contrario ai trattati di
pace in quanto avevano creato pericolose barriere per la circolazione delle
merci e dei capitali. Inoltre era in disaccordo con gli economisti classici
(Say, Ricardo) i quali credevano che il mercato fosse capace di regolarsi da
solo. La crisi del '29 li smentì pienamente. Il maggiore ostacolo alla "legge
della domanda" di Say e Ricardo era rappresentata da l'ineguale distribuzione
delle ricchezze. Bisognava quindi che fosse lo Stato a ridistribuire le ricchezze
e a garantire una vita dignitosa ai cittadini. Il risparmiatore non veniva più
visto come un saggio cittadino, ma era colui che doveva essere sollecitato a
aumentare il suo consumo di merci prodotte dal sistema industriale. A tal fine
venne favorita una politica di alti salari in modo da permettere più facilmente
al denaro di circolare. Al fine di rendere l'economia ancora più vivace, seguendo
l'esempio inglese, Roosevelt decise di abbandonare il sistema di cambio fisso.
Ciò consentì una maggiore libertà nell'uso della spesa pubblica e quindi una
nuova politica di opere pubbliche. Per risollevare il settore agricolo, elaborò
un programma col quale sosteneva i prezzi dei prodotti crollati durante la crisi
e concedeva sussidi governativi a coloro i quali avessero ridotto la produzione
e le terre coltivate. Ciò serviva a garantire i redditi degli agricoltori che
rappresentavano la potenziale domanda d'acquisto per i beni prodotti dall'industria.
Per permettere la ripresa del settore industriale, invitò le industrie a mantenere
alti sia i prezzi, che i salari. Nonostante l'iniziativa privata venisse un
po' penalizzata dai programmi del Presidente, in meno di 2 anni la disoccupazione
era diminuita e oltre 2 milioni di persone erano tornate a lavorare. In breve
tempo nacquero leggi tramite le quali si dava assistenza alla disoccupazione.
Si cercava in pratica di creare un "Welfare State". Lo stato interveniva garantendo
ai cittadini condizioni di esistenza minime, con sussidi alla disoccupazione,
salari minimi, pensioni e servizi sociali gratuiti. Con il "Wagner Act"si dava
riconoscimento giuridico ai sindacati e si obbligava le aziende a riconoscere
come vincolanti i risultati della contrattazione collettiva. L'economia americana
ricominciava ad andare forte e poté contare pure sulle prospettive di
un imminente riarmo che avrebbe fornito ulteriore linfa alle industrie.