Per
rivoluzione industriale s’intende quel fenomeno che portò, nella seconda metà
del ‘700, in Inghilterra all’affermazione di un modello produttivo incentrato
sulla fabbrica.
Sono
diversi i fattori che ne determinarono lo sviluppo in questo periodo e soprattutto
in Inghilterra, infatti, solo più tardi questo fenomeno si espanse un po’
in tutta l’Europa.
Molto
importanti erano le innovazioni tecniche che si andavano introducendo, o erano
già state introdotte negli anni precedenti, nel campo tessile e con
le quali si cercava di contrastare le importazioni delle pregiatissime stoffe
indiane. (navetta volante, Kay 1733; filatoio meccanico, Hargreaves
1764; filatoio idraulico, Arkwright 1769; mule, Crompton 1779;
telaio meccanico a vapore, Cartwright 1785)
L’introduzione
di questi macchinari iniziò a spostare i centri di produzione: non era più
possibile tessere a casa sotto ordinazione, questi macchinari avevano bisogno
d’alimentazione e grandi spazi, così nascono i primi “prototipi” di fabbriche.
Nuovi
passi furono fatti anche nel campo siderurgico dove, grazie all’introduzione
del carbone coke da parte di Darby e Cort, si riuscirono
ad ottenere fusioni migliori con meno impurità e quindi una maggior qualità
del prodotto; iniziò anche la diffusione di leghe metalliche più adatte e
resistenti per lavori più specifici; nello stesso periodo Watt mise
a punto la macchina a vapore che risolse molti problemi riguardante l’alimentazione
dei macchinari.
La
vicinanza al mare, la presenza di molti fiumi navigabili e una migliore condizione
della rete stradale, rispetto a tutti gli altri paesi europei, furono fattori
fondamentali per lo sviluppo di un sistema industriale verso il quale l’Inghilterra
si stava avviando, i tempi per ottenere materie prime, per trasportare i prodotti
erano ridotti e anche i costi non erano proibitivi.
Contemporaneamente
alla riv. industriale bisogna tenere in considerazione anche la riv. agraria,
infatti, dopo l’introduzione delle coltivazioni a rotazione, l’applicazione
del metodo e delle innovazioni industriali la condizione della popolazione
contadina, che a quel tempo rappresentava circa il 75% della popolazione,
era notevolmente migliorata.
Nella
seconda metà del ‘700 si verificò in tutta Europa un aumento demografico,
il che fece sì che non mancasse mai la manodopera e soprattutto non a costi
elevatissimi; contemporaneamente all’aumento della manodopera c’era di conseguenza
un aumento della richiesta dei prodotti, così il mercato non ristagnava.
All’inizio
però erano solo i piccoli mercanti o artigiani a rischiare, poiché i grandi
proprietari terrieri o grandi mercanti non vedevano la necessità di fare rischiosi
investimenti; quando si vide invece che questi investimenti non erano così
rischiosi: il processo d’industrializzazione iniziò a decollare. Il comportamento
delle banche poi fu un altro fattore importante per lo sviluppo in senso industriale
dell’Inghilterra, infatti, non furono mai applicati interessi alti che bloccavano
sul nascere qualsiasi tipo di nuova attività, anzi spesso con prestiti e finanziamenti
agevolati erano proprio le banche le migliori rampe di lancio per piccole
fabbriche.
Difficoltoso
fu l’inserimento degli operai in un nuovo mondo lavorativo, totalmente diverso
da quello a cui si era abituati: sono i poveri, i disadattati, gli orfani,
le prostitute … i primi a doversi adattare per necessità. (nascono le workhouses)
La suddivisione del lavoro introdotta in seguito da A.Smith rese il
lavoro ancor più alienante.
In
definitiva le cause che facilitarono lo sviluppo di un nuovo sistema produttivo
in Inghilterra furono: lo sviluppo tecnologico e l’applicazione di esso in
campo produttivo, l’aumento demografico, le favorevoli caratteristiche socio-politiche
(diffusa istruzione e istituzioni politiche favorevoli), abbondanti risorse
(anche grazie alle colonie), facilità dei trasporti, prerequisiti economici
presenti, crescita della domanda dei prodotti, disponibilità dei capitali
iniziali e disponibilità di forza lavoro.