... e le conseguenze non furono poche!!
CARATTERISTICHE DELLA RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE
La rivoluzione industriale è caratterizzata dalla crisi della libera
concorrenza.
Nacquero infatti le grandi associazioni (holdings) degli industriali, con i
cartelli, che erano accordi sulla produzione e i prezzi fra aziende dello stesso
settore, i trusts, cioè concentrazioni di imprese, che potevano essere
orizzontali se riguardavano aziende operanti nello stesso settore, verticali
se interessavano imprese coinvolte nelle diverse fasi della lavorazione di un
prodotto.
Per quanto riguarda le scoperte scientifiche, una delle più importanti
fu l’acciaio, la cui produzione fu consentita dall’innovazione dei forni, ora
più efficienti, con meno spese.
Si sviluppò pio l’industria chimica (coloranti,gomma,cemento etc.), farmaceutica
(nacquero nuove ditte come ad es. la Bayer, comparve l’aspirina, il ddt etc.),
edilizia (cemento armato, costruzioni in metallo e altri nuovi materiali), elettrica
(illuminazione tramite lampadine, motori elettrici), meccanica (motore a scoppio
e poi automobile).
Il termine indica sia il processo di concentrazione della popolazione nelle
aree urbane, sia il processo di espansione territoriale delle città. Già nella
prima metà del Novecento, il 40% della popolazione dei paesi industrializzati
e circa un sesto di quella dei paesi in via di sviluppo viveva in aree urbane;
dopo la seconda guerra mondiale il fenomeno si è ulteriormente sviluppato, sia
per motivi economici - la crescita, ancora in atto, dell'industria e soprattutto
del settore dei servizi (terziario) e la contrazione della popolazione occupata
nell'agricoltura - sia per motivi culturali, legati alla forte attrazione del
modello di vita urbano indotta dalla diffusione dei mezzi di comunicazione di
massa. Le previsioni per i prossimi anni sono di un ulteriore notevole incremento
delle dimensioni delle città; si stima ad esempio che nel 2000 Città di Messico
raggiungerà i 31 milioni di abitanti, Tokyo i 24 milioni e New York i 23 milioni.
Un tipo di urbanizzazione legata all'espansione delle città è costituito oggi
dalla megalopoli, un insieme vasto di città non più separate l'una dall'altra,
ma ancora tra loro indipendenti. Il New England e la costa californiana sull'oceano
Pacifico rappresentano due fra i numerosi esempi di megalopoli contemporanee.
Un altro tipo, di poco differente dal precedente se non per il fatto che implica
anche una qualche forma di gerarchia (ad esempio amministrativa, economica o
culturale), è costituito dalla conurbazione (un caso italiano è rappresentato
dall'agglomerato che comprende Milano e il territorio che si estende verso Varese).
Vi è un'ulteriore forma di urbanizzazione, detta iperurbanizzazione, che si
verifica nei paesi sottosviluppati; essa comporta grossi problemi sia urbanistici
(dovuti alla crescita disordinata di aree fortemente condizionate dal degrado,
le cosiddette bidonville), sia politici e sociali, relativi alla difficoltà
di integrazione sociale della popolazione e allo sviluppo della criminalità.
I NUOVI METODI DI PRODUZIONE
Per far fronte a una domanda sempre più importante, le industrie svilupparono
principalmente due metodi di produzione che presero il nome di coloro che per
primi li applicarono: Taylorismo e Fordismo. Lo scopo era aumentare la quantità
dei prodotti e diminuire i tempi di produzione.
Il primo consiste nello studiare i movimenti, rispetto al tempo, degli operai
durante la produzione di una determinata parte del prodotto, per ridurre al
minimo i movimenti inutili e per selezionare gli operai più veloci, aumentando
così la produzione utilizzando meno tempo possibile.
Il secondo consiste nella catena di montaggio, in cui ogni operaio ha soltanto
un’operazione da fare, cioè un solo compito da svolgere. Questo per tutta
la giornata lavorativa.
LA SOCIETA’
Siccome il lavoro richiedeva sempre una maggiore specializzazione, e quindi
un’adeguata istruzione, nacquero così le scuole pubbliche.
Grazie alle scuole pubbliche e all’obbligo della loro frequentazione, venne
ridotto il tasso di analfabetismo, favorendo così anche una più
larga divulgazione dei quotidiani, che portarono al crearsi di un’opinione pubblica
sia nel campo politico che in quello sociale.
Venne inoltre esteso, negli ultimi anni dell’ ‘800 e nei primi del ‘900, il
diritto di voto, che diventò così un suffragio universale. Si
formarono i primi partiti di massa, i più di ispirazione socialista,
in minoranza cattolica (la cui presenza però indica come la chiesa cominciò
a interessarsi anche della vita pubblica). In conseguenza alle teorie marxiste
e con la pubblicazione del Manifesto del partito comunista, nacquero i primi
partiti comunisti.
E’ da rilevare negli ultimi anni dell’ ‘800, grazie anche ai partiti socialisti,
la crescita del numero dei sindacati, che prima erano presenti solo in Gran
Bretagna, grazie ai quali i lavoratori riuscirono a far valere i propri diritti
contro le resistenze degli imprenditori, delle classi conservatrici e contro
i pregiudizi della dottrina liberista, che vedeva nei sindacati un ostacolo
alla libera contrattazione.
I CATTOLICI DI FRONTE ALLA RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE
Il mondo cattolico non rimase indifferente alla nuova realtà che andava
formandosi, e cercò di adeguarsi cercando di opporsi alla corrente laica
dei socialisti, organizzando associazioni caritative e movimenti di azione cattolica,
incoraggiando, specialmente sotto la guida del Papa Leone XIII, la nascita di
partiti cattolici, affermando l’ideale della concordia fra le classi, il rispetto
dei doveri delle parti sociali, cioè la laboriosità, il rispetto
delle gerarchie per gli operai, la retribuzione in giusta entità, il
rispetto della dignità umana per gli imprenditori.
Tutte queste idee sono scritte nell’enciclica ‘Rerum Novarum’ del maggio 1891
di Leone XIII.
Parallelamente, negli ultimi anni dell’ ‘800, in particolare in Francia e in
Italia, nacque la democrazia cristiana, che aveva lo scopo di conciliare la
dottrina cattolica con l’impegno sociale e con gli istituti della democrazia.
NASCITA DEI PARTITI SOCIALISTI E
COMUNISTI
Alla fine dell’ ‘800 in tutti i più importanti paesi europei sorsero
partiti socialisti che cercarono di organizzarsi a livello nazionale, che parteciparono
alle elezioni inviando i loro rappresentanti nei parlamenti.
Il primo di questi fu il partito social democratico tedesco che fu un esempio
e un modello per gli altri partiti nazionali per la sua efficienza organizzativa,
la sua compattezza ideologica fornita dal marxismo.
I Francia si formò un partito di ispirazione marxista, ma che subito
si divise in tronconi in lotta fra loro, fino alla riunificazione nel 1905.
LA QUESTIONE FEMMINILE
Le donne hanno da sempre lavorato, anche se a pari impiego percepivano un minore
salario rispetto a un uomo. Alla fine dell’ ‘800 le donne erano escluse dall’elettorato
attivo e passivo e in molti paesi anche dalla possibilità di accedere
agli studi universitari e alle professioni.
Per molto tempo l’idea di far valere i diritti delle donne era ristretto solo
a minoranze operaie e intellettuali, solo nel 1902 sotto la guida di Emmeline
Pankhurst riuscirono a imporsi all’attenzione dell’opinione pubblica e della
classe dirigente, concentrando la loro attività sulla richiesta del suffragio
(da qui suffragette) nel 1918 la Gran Bretagna concesse il diritto di voto alle
donne.
Nel complesso però ci fu molta indifferenza alle rivendicazioni delle
donne da parte di molti dirigenti socialisti, con la tendenza a privilegiare
gli aspetti economico-retributivi del lavoro femminile o a vederne la soluzione
nel ritorno delle donne al loro compito di casalinghe.
Comunque oltre al suffragio (in Gran Bretagna, Norvegia e Finlandia), esse guadagnarono
il diritto all’istruzione superiore e all’accesso alle professioni.